Il codice cromatico del messaggio pubblicitario
Scritto da Franco Spoglianti
In un mondo in cui la pubblicità vuole e deve «colorare di rosa» ogni messaggio risulta evidente l’importanza assunta dal colore e, viceversa, della sua assenza quale scelta di comunicazione, come spesso avviene negli annunci pubblicitari aventi una finalità sociale.

Trattare del colore significa affrontare argomenti diversi: di natura percettiva e fisiologica, relativi al loro ordine simbolico, di carattere chimico connessi alle tecniche pubblicitarie e alla pittura. I colori sono una entità fisica definita dalla lunghezza d’onda della luce, ma è il cervello a giocare un ruolo essenziale alla loro definizione. L’occhio umano è in grado di percepire solo una piccola parte dello spettro delle onde elettromagnetiche, ovvero quella compresa tra gli 800 ed i 650 millicron, una sorta di continuum visivo che va dal rosso sino al violetto. All’interno di questa gamma l’uomo ha operato una suddivisione in 250 tonalità percepibili riducibili in 11 aree di tonalità alle quali dà un nome. La definizione del colore inteso come unione di significante (una delimitata area corrispondente a certe lunghezze d’onda) e significato (ad es. il blu) sottolinea come si tratti certamente di un legame arbitrario ma che esso è profondamente connesso ai valori culturali e a ragioni di carattere antropologico, come si evidenzia dal fatto per cui popoli diversi ritagliano in maniera diversa e/o con maggiore o minore complessità lo stesso spettro di colori (ad. es. i tanti modi di nominare il colore della neve propri del popolo eschimese). Per quanto concerne l’utilizzo del colore quale codice utilizzato ai fini comunicativi va evidenziato la sua forte connotazione simbolica: innanzitutto il suo legame con la religione e con la cosmologia, la sua stretta corrispondenza con gli elementi naturali, la morale, la cultura. Ecco un breve elenco dei significati ad essi connotati: il bianco è l’aria, la vita, la purezza, la solitudine, l’igiene; il nero rimanda alla morte, la sofferenza, la passività, il mistero, l’eleganza; il rosso-arancio indica il fuoco, l’amore, la passione, la sessualità, la potenza, la gioia ecc.; il giallo richiama il calore, l’allegria, la vivacità; il verde è l’acqua, la natura, il riposo, la libertà; il bruno la terra; il blu la pace, la riflessione, l’equilibrio, il pensiero ecc.; il viola ci parla di autorità, inquietudine, cordoglio. In base al contesto in cui è collocato il colore acquista un forte valore connotativo e consente rimandi tali da poter risultare utilizzato nella pubblicità alla stregua dei luoghi comuni, ovvero come un elemento portatore di un «sapere già saputo», oppure contribuire ad ottenere delle vere e proprie figure retoriche che agiscono sul registro visivo della comunicazione pubblicitaria. Balestra nota come il colore venga utilizzato per dare forma alle seguenti figure retoriche: iperbole, accumulazione o ripetizione (quando nell’annuncio vi sono oggetti identici, oppure diversi, ma con lo stesso colore); antitesi (appaiono contrapposte figure aventi colori complementari o colori su porzioni dello spettro distanti tra loro); graduazione (colori dal chiaro allo scuro o dal freddo al caldo); metafora (il colore di un oggetto viene sostituito da un’altro per cui l’oggetto si carica di connotati del nuovo colore); metonimia (colore viene adoperato per significare qualcosa di diverso, ma in rapporto con esso: ad esempio il verde inteso come natura senza fiori o immagini che sineddoticamente la significhino, oppure il blu per indicare il cielo); metonimia (il colore sta per il possessore di questa qualità: il rosso per il concetto di comunismo o per la passione; il verde per natura); anastrofe, inversione (i colori opposti alla consuetudine quali un albero con le foglie rosse e i frutti verdi).