Cibernauti e bisogno di narrazione: conclusioni provvisorie
Scritto da Giovanni Nadiani
Il bisogno di narrazione di molti cibernauti in questa prima decade di millennio sembra venir soddisfatto sempre più da forme di intrattenimento in fantastica evoluzione, cioè al momento da forme di interattività dominate da ambienti virtuali tridimensionali ovvero dalla condivisione di esperienze irriflesse in prima persona a base scritturale e iconica o di quanto gli anfratti del medium stesso mettono a disposizione dei navigatori. Queste narrative sembrano relegare in una nicchia di sperimentazione del Web ciò che qui si è definito letteratura digitale, il cui futuro sembra dipendere in modo non secondario con ogni probabilità dal problema dell’interfaccia comunicativa con una maggiore contiguità con il corpo (come ad es. l’oggetto libro nel caso della “letteratura tradizionale”) rispetto agli strumenti al momento in uso. In tempi molto brevi tale problema tecnico sarà superato stante già la strumentazione di apparecchiature portatili integranti ogni sorta di medium. Forse il problema maggiore che questa forma espressiva dovrà affrontare sarà lo spazio che i cosiddetti gate-keepers commerciali, i custodi dei cancelli distributivo-economici, vorranno concederle, ovvero quali spiragli essa riuscirà a conquistarsi attraverso forme di mecenatismo pubblico o privato (al pari della letteratura di ricerca e di non grande consumo) o attraverso l’allargamento delle stesse comunità di interesse. L’attuale assenza di un segmento di mercato “editoriale” per la letteratura digitale (da non confondere col mercato quasi soffocato sul nascere dei cosiddetti “e-books”, rientranti nella forma attuale a tutti gli effetti nella letteratura digitalizzata) e, come ovvio corollario, l’assenza di un mercato della sua traduzione non può non influenzare negativamente la riflessione critica su quest’ultima; anzi gli studiosi del settore, a fronte della mole esistente di studi dettagliati sui vari aspetti della traduzione multimediale, proprio non sembrano essersi ancora accorti di essa. Eppure per quanto si possa essere restii ad affrontare la materia, probabilmente vista come marginale o poco “sentita” in ambiti accademici, si è propensi a pensare che un certo sforzo debba comunque essere fatto, perché se da un lato il racconto della letteratura non si è mai lasciato sfuggire occasione alcuna per battere nuove strade, che hanno contribuito ad arricchire le vecchie (si pensi solamente al genere del radio play o Hörspiel e a quanto questo abbia di converso influenzato ai vari livelli i diversi generi per molti decenni del secolo scorso) trascinando con sé per forza di cose il racconto parallelo della traduzione; dall’altro il riflettere sugli esiti sempre nuovi di questo racconto secondo contribuisce alla sua continua riconfigurazione, e ciò è quanto qui si è cercato di mostrare minimamente. La letteratura digitale, al pari di altre forme espressive rese possibili dalla tecnologia informatica, si manifesta in particolare attraverso le reti. Ma la tecnologia delle reti non si limita a fornirle una piattaforma espressiva essenziale: essa si fa scaturigine e motore di processi ben più ampi. Il digitale, la digitalizzazione (e relative forme mediali) investe come un secolo fa la riproducibilità tecnica in forme e misure diverse tutti i manufatti (la techne appunto) artistici, da quelli più tradizionali a quelli più recenti ancora in via di riconoscimento, comprese tutte le forme di traduzione. Però “tra la riproducibilità tecnica e la digitalizzazione corre una differenza non irrilevante: mentre della prima si può affermare che ha cambiato il concetto di opera d’arte con una specie di retroazione, dovuta al suo intervento ex-post rispetto alla produzione, della digitalizzazione si deve dire che trasforma nuovamente il concetto in questione intervenendo sin dal principio di ogni creazione, anzi più in profondità, fornendo il materiale stesso di ogni possibile creazione, i bits” [Tursi 2007: 95]. In questo contesto se prendiamo per buona la vecchia definizione di “artista” di McLuhan come “l’uomo che in qualunque campo, scientifico, afferra le implicazioni delle proprie azioni e della scienza del suo tempo. È l’uomo della consapevolezza integrale” [McLuhan 1995 (1964): 76] e stante la realtà dei fatti che non esiste traduzione senza tecnologia digitale in nessun settore (dai più tradizionali ai più innovativi), non si vede perché il traduttore (accompagnato dalla sua ombra, il teorico della traduzione, che si spera smetta di arrancargli ansimante alle spalle e cominci a proiettarglisi davanti) non possa essere un artista esemplare nella consapevolezza integrale di quanto la tecnologia digitale gli mette a disposizione. Una consapevolezza che per l’artista significa altresì sforzarsi di cogliere tutte le implicazioni della tecnologia (e della società) digitale per continuare a essere arte-fice della diversità propria e altrui e non semplice passivo e scattante esecutore agli ordini dei “signori dell’industria del linguaggio”, affinché rimanga qualcosa da tradurre:
If translation is proverbially a bridge-building exercise, and much is said about how it bridges gaps between cultures, it must not be forgotten that translation has as much a vested interest in distinctness as in connectedness. To put this another way, translation scholars must be to the forefront in campaigns to protect and promote the teaching of diverse languages as there is little point in being in the business of connection if nothing is left to connect. It is the existence of separate languages and cultures and skilled practioners in these languages that makes bridge-building a feasible and wothwhile exercise [Cronin 2006: 121].
E in questo scenario con questa coscienza emergerà una schiera di traduttori plurali, di esperti dell’ingegneria traduttiva, cioè di possessori delle necessarie conoscenze e abilità traduttive ovvero di ingegneria linguistica, compartecipanti autorialmente al coevo e interrelato farsi dei testi fluttuanti in un Superhabitat.
Tratto da: </TAGS>
</Translation of Artificially Generated Stories>
LETTERATURA DIGITALE –TRADUZIONE – TEORIA DELLA TRADUZIONE