Sull'efficacia del marketing e della pubblicità sociale
Scritto da Franco Spoglianti
Trattare dell’efficacia della pubblicità sociale significa innanzitutto metterla in relazione con quella della pubblicità nel suo complesso. Non va dimenticato che l’advertising è solo una parte della pubblicità. Trattare dell’efficacia della pubblicità sociale significa pertanto parlare in termini di comunicazione globale, ovvero affiancare all’apporto degli annunci pubblicitari sui media quello di altre tecniche quali il direct marketing e le relazioni pubbliche. Inoltre, come affermato da Solomon, la pubblicità sociale è solamente un aspetto di una più complessa strategia di marketing sociale che tiene nel dovuto conto le altre quattro variabili: prodotto, prezzo, luogo e modalità di consumo. L’efficacia delle campagne sociale è certamente di difficile valutazione ed è questa la ragione per cui all’interno degli annunci vengono sempre più spesso inseriti meccanismi di feed back rivolti ai potenziali destinatari quali coupon da spedire e numeri telefonici a cui rivolgersi. Un approccio attento agli aspetti cognitivi della comunicazione pubblicitaria si ritrova nell’analisi critica di Bogart. Questi rileva tre diversi modi di affrontare la questione dell’efficacia del messaggio pubblicitario:
In base a una teoria “ottimistica” denominata input/output matrix. La matrice di questa analisi mette in rilievo da un lato gli input, ovvero le fasi di produzione e di ricezione del messaggio, elementi variabili indipendenti manipolati e modificati dal destinatore del messaggio che concorrono alla creazione del messaggio (le caratteristiche attribuite alla fonte, lo stile del messaggio, le specificità dei media, il profilo del destinario, il tipo di comportamento che si intende ottenere dal destinatario obiettivo della comunicazione); gli output identificano le variabili che entrano in gioco nella fase di ricezione (il gradimento, l’attenzione, il ricordo, la comprensione ecc...). Il punto di partenza risiede nella convinzione che ogni cambiamento comportamentale è sempre conseguenza di un cambiamento cognitivo e non viceversa. Incrociando queste variabili sugli assi cartesiani si ottiene un grafico che misura l’efficacia del messaggio pubblicitario.
Un’altra teoria è quella del self-persuasion model per cui il messaggio va definito esclusivamente in base alla competenza del destinatario ed alle sue attese.
Infine la teoria della dissonanza cognitiva elaborata da Leon Festinger per la quale il mutamento di abitudini segue quello comportamentale così da rendere accettabile e lecito il cambiamento stesso. In base a questa teoria “ogni persona che si trova a scegliere fra più alternative, sperimenta questo fenomeno, in quanto ogni decisione possibile presenta dei vantaggi, ma anche degli svantaggi. Una volta effettuata la scelta, il consumatore attiverà una serie di strategie per diminuire il grado di dissonanza e fare della propria scelta la scelta giusta, in quanto esiste innata nell’uomo una tendenza a raggiungere uno stato di coerenza tra opinioni, conoscenze, valori e comportamenti. Ognuno mette in atto strategie per raggiungere tale coerenza, tale armonia, oppure può abbandonare la scelta iniziale e cercare informazioni che avvalorino e sostengano la nuova, quando le informazioni trovate divergono da quelle ipotizzate il soggetto attribuisce ad esse, inconsciamente, maggiore o minore validità e credibilità a seconda della simpatia, sincerità, professionalità ed esperienza che suscitano in lui”.
In particolare quest’ultima teoria è di estremo interesse quando si tratta di pubblicità di stampo sociale, poichè riguarda il cercare di cambiare un convincimento del destinatario. Secondo essa, alla base del comportamento umano esiste una tendenza a rendere coerenti tutte le informazioni, i convincimenti, le cognizioni che si hanno riguardo a un determinato soggetto così da giungere ad uno stato di quiete dato dalla consonanza di tutti i dati conoscitivi. I messaggi pubblicitari che emergono dalla confusione indistinta che li circonda sono pertanto quelli in risonanza coi nostri interessi e predilezioni, per via del loro argomento o della loro superba tecnica; quando ciò non avviene si ha una dissonanza a cui si cerca, per quanto è possibile, di sfuggire. Nascono da ciò i rifiuti di ordine psicologico, le rimozioni al di sotto della consapevolezza, in cui cadono le pubblicità costruite secondo una manipolazione «secondo potere» (ad esempio si vede un’atrocità e poi si dimentica facilmente di averla vista). Una situazione tipica si ha quando si tratta di dover scegliere tra due prodotti. A scelta effettuata, l’acquirente cerca di eliminare tutte le informazioni positive sul prodotto scartato e, viceversa, tende ad accumulare tutte quelle positive sul prodotto scelto. Secondo questa teoria, quando l’individuo riceve informazioni che contrastano con i suoi convincimenti, avviene che questi minimizzi l’importanza delle informazioni che riceve e così cerca di reperirne altre che confermino i suoi convincimenti e solo quando queste nuove informazioni si dimostrino inefficaci, si rassegnerà a modificare la sua opinione e cedere così all’effetto persuasivo. Ma in che modo cambiano opinione gli individui? Si è già affermato in precedenza come sia inaccettabile ogni concezione che affermi una corrispondenza univoca tra stimolo e risposta e, di conseguenza, la possibilità di un’acquisizione passiva dell’informazione. Il destinatario della comunicazione, di ogni tipo di comunicazione, svolge sempre un ruolo attivo nel processo di comunicazione pubblicitaria. A questo proposito Kapferer afferma che la persuasione non è quello che un messaggio fa ad una persona, ma ciò che questa persona fa del messaggio. Le ricerche condotte da questo studioso lo hanno portato a concepire un modello in base al quale la persuasione è il risultato delle seguenti fasi: (1) Esposizione alla comunicazione; (2) Decodifica del messaggio; (3) Accettazione; (4) Persistenza dell’eventuale cambiamento di opinione; (5) Azione in base alla nuova opinione.
(1) Esposizione alla comunicazione. Il farsi notare, la funzione fàtica, è una necessità primaria della comunicazione pubblicitaria. Per quanto riguarda la pubblicità sociale questa preoccupazione è ancora più forte perchè maggiori sono le resistenze psicologiche che ad essa attengono. Il destinatario opera sempre una selezione in base a ciò che preferisce ed evita le altre, infatti si è più attenti ai prodotti a cui si è già interessati, fermo restando che la curiosità e la novità sono fattori che accrescono l’efficacia della comunicazione pubblicitaria. L’esposizione è selettiva. Quando “vediamo” i prodotti pubblicitari che preferiamo noi li rafforziamo e li difendiamo. In questo caso il pubblico che si espone a certi messaggi non è stato persuaso, ma è già un pubblico “di parte”, che ha già scelto. A parere di Festinger, noi operiamo questa selezione nell’esposizione per non trovarci in situazioni di conflitto; lo psicologo Lazarsfeld invece lo ritiene un modo per rafforzare le proprie opinioni. In particolare la selezione è difensiva quando i soggetti sono molto coinvolti nella comunicazione, ad esempio quando ciò riguarda prodotti acquistati recentemente, anche per rafforzare la certezza di aver scelto bene.
(2) Condizione necessaria, ma non sufficiente, alla comunicazione è che il messaggio venga decodificato dal destinatario. A volte succede che una parte del messaggio attiri in maniera sproporzionata l’attenzione danneggiando in tal modo la decodifica del messaggio nella sua interezza. Le pubblicità usano artifici per attirare l’attenzione del destinatario, ma se quest’ultima si concentra solo su un aspetto del messaggio l’artificio adoperato risulterà controproducente. La decodifica avviene in primo luogo sul piano percettivo. Molti fattori concorrono a rendere più facile o più difficile la comprensione di tale messaggio. Sono determinanti la semplicità degli argomenti e il loro numero. Inoltre, come insegna la storia della retorica, la comprensione è maggiore quando la conclusione è presentata all’inizio, prima di sviluppare gli argomenti a suo sostegno.
(3) Nella pubblicità un'opinione viene proposta in maniera tale che il destinatario la faccia propria e sia spinto a mutare il proprio atteggiamento o a crearsene uno nuovo ma in maniera regolata dalle informazioni avute.
Il suo maggiore o minore grado di accettazione è in funzione degli incentivi presenti nella comunicazione. Diversi elementi della comunicazione concorrono a questa accettazione: le caratteristiche di colui che comunica, le sue intenzioni, la reazione del destinatario, la qualità degli argomenti, l’ordine in cui sono presentati, la gratificazione legata all’accettazione della proposta.
(4) Per una campagna pubblicitaria, come per qualsiasi comunicazione, è importante che il cambiamento di opinione prodotto in un individuo si mantenga nel tempo. A parere di Kapferer, l’atteggiamento formato immediatamente dopo l’esposizione al messaggio pubblicitario dipende più dal lavoro cognitivo della mente, che non dal messaggio in sè. Secondo l’ipotesi della teoria della dissociazione, la persuasione è il risultato di una sorta di dosaggio che il destinatario del messaggio assimila a partire da indici di accettazione e di rifiuto del messaggio stesso. Il cambio di atteggiamento è dunque il controllo di questi indici alcuni dei quali, con il tempo, si dissociano, mentre altri vengono rafforzati. Un esempio di indice negativo è una fonte poco credibile; in tal caso la dissociazione procede così: dapprima il soggetto acquisisce una parte del messaggio già suscettibile, da solo, di causare una modifica di atteggiamento; nello stesso tempo il messaggio stesso è svalutato a causa della fonte negativa, per cui non c’è cambiamento; col tempo, però, sia la fonte che il messaggio si separano; infine quest’ultimo resta il solo fattore di controllo dell’atteggiamento. È evidente che una fonte credibile farà ricordare maggiormente il messaggio e quindi ci sarà più persistenza in questa metamorfosi. La conclusione è la parte del messaggio che più si ricorda; sempre secondo Kapferer i risultati delle sue ricerche confermano che la sua semplice ripetizione non basta a produrre persistenza, ma sono necessarie attribuzioni positive al messaggio, cioè un forte consenso in suo favore.
(5) La pubblicità influenza non solo le intenzioni, ma agisce anche sul comportamento. Non sempre però le azioni seguono le buone intenzioni. Un esempio per tutti: le campagne anti-fumo. Come mai i tabagisti, sebbene convinti del legame cancro-tabacco, non smettono di fumare pur desiderandolo? Innanzitutto per l’influsso dell’ambiente e di tutti gli stimoli che fungono da richiamo: i posacenere in macchina e in ufficio, il rilassarsi in poltrona ecc... La persuasione è pertanto relativa, in minor misura efficace quando il destinatario è fortemente coinvolto nel tema proposto, oppure quando l’annuncio pubblicitario sottovaluta il potere condizionante dell’ambiente (il referente esterno). Inoltre la forza persuasiva della pubblicità aumenta quando essa tratta di argomenti che coinvolgono poco il suo pubblico, come avviene ad esempio per l’acquisto dei prodotti di largo consumo.